Etichette e scadenze degli alimenti: molti sbagliano a interpretarle. Scopri come leggerle correttamente ed evitare sprechi.
In un mondo dove la consapevolezza alimentare e la lotta contro lo spreco diventano sempre più centrali, la comprensione delle etichette sui prodotti che consumiamo quotidianamente assume un ruolo cruciale.

La distinzione tra data di scadenza e termine minimo di conservazione (TMC), sebbene possa sembrare un dettaglio minore, rivela invece una profonda implicazione sia per la nostra salute che per l’ambiente. Questa sottile ma significativa differenza porta con sé un carico di responsabilità: da un lato, la necessità di proteggere la nostra salute evitando il consumo di alimenti potenzialmente pericolosi; dall’altro, il dovere etico di ridurre gli sprechi alimentari, rispettando il valore intrinseco di ogni prodotto che portiamo in tavola.
In questo contesto, diventa essenziale armarsi di conoscenza per navigare con sicurezza nel mare delle etichette alimentari.
Data di scadenza: cosa significa consumare entro
La data di scadenza rappresenta un confine non negoziabile, un punto di non ritorno oltre il quale il prodotto alimentare non dovrebbe essere consumato. Questa data, infatti, segnala il momento dopo il quale il rischio di incorrere in problemi di salute a causa del deterioramento microbiologico dell’alimento diventa concretamente elevato.
Prodotti come latte, carne, pesce e formaggi freschi sono esempi tipici di alimenti per i quali la data di scadenza assume un ruolo di guardiano della nostra salute. Superare questa data equivale a ignorare un semaforo rosso: il pericolo è reale e immediato, e le conseguenze possono essere serie. La legge impone con rigore l’apposizione di questa data per garantire che il consumatore sia adeguatamente informato del periodo entro il quale l’alimento può essere considerato sicuro.

Il termine minimo di conservazione, indicato con la formula “da consumarsi preferibilmente entro”, introduce invece una variabile legata più alla qualità che alla sicurezza. Questa data suggerisce il periodo entro il quale il prodotto mantiene le sue caratteristiche ottimali di gusto, aroma e consistenza. Superato il TMC, l’alimento non diventa automaticamente nocivo, ma potrebbe semplicemente offrire un’esperienza sensoriale meno soddisfacente.
Alimenti come pasta, riso, biscotti e cioccolato, se conservati adeguatamente, possono tranquillamente essere consumati anche dopo la data indicata, pur con una possibile, lieve diminuzione delle loro qualità organolettiche. La decisione di consumare o meno un prodotto oltre il suo TMC dovrebbe quindi basarsi su un’attenta valutazione delle sue condizioni effettive, piuttosto che su un rigido adempimento alla data stampata sull’etichetta.
La risposta a questa domanda varia in base al tipo di data indicata sull’etichetta. Per i prodotti con una data di scadenza specifica, il consiglio è di aderire scrupolosamente alla raccomandazione e di non consumare l’alimento oltre tale data. D’altro canto, per i prodotti con indicato un termine minimo di conservazione, esiste un margine di flessibilità che permette, con buon senso e attenta valutazione, di estendere il consumo oltre la data suggerita, senza correre rischi per la salute.
Organizzazioni come Altroconsumo forniscono linee guida utili per orientarsi in questi casi, suggerendo periodi di tempo entro i quali determinati alimenti possono essere considerati ancora sicuri e godibili, contribuendo così a ridurre lo spreco alimentare.