Assegno di mantenimento, confermata la novità: rovinerà migliaia di ex partner

Un aggiornamento che in apparenza suona tecnico, ma che nella pratica quotidiana rischia di pesare su migliaia di ex partner: l’assegno dovuto dopo la fine della relazione non è più un affare che riguarda soltanto il matrimonio, e la platea dei possibili obbligati si amplia.

A rendere il quadro ancora più insidioso per chi si separa c’è una serie di regole e dettagli spesso sottovalutati, che possono tradursi in arretrati salati, pignoramenti e sorprese nelle quantificazioni.

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Assegno di mantenimento, confermata la novità: rovinerà migliaia di ex partner (Uspms.it)

Ecco alcune curiosità — e “trappole” — che molti scoprono solo quando è troppo tardi:

  • L’indicizzazione automatica salvo diversa previsione, gli assegni sono soggetti ad adeguamento periodico ISTAT. Se l’adeguamento non viene applicato, gli arretrati possono essere richiesti tutti insieme, con un conto finale inatteso.
  • Pagamenti tracciabili: la giurisprudenza privilegia la tracciabilità (bonifico, assegno, sistemi elettronici). Pagamenti “in contanti” non provati rischiano di non essere riconosciuti e di alimentare contenziosi.
  • Pignoramento alla fonte: in caso di inadempimento, il giudice può disporre il prelievo diretto presso datore di lavoro o INPS, incidendo immediatamente su stipendi e pensioni.
  • Nuova convivenza e lavoro del beneficiario: una convivenza stabile può ridurre l’assegno e, in taluni casi, far venir meno la sola componente “assistenziale”. Ma potrebbe sopravvivere una componente “compensativa” se l’ex ha sacrificato opportunità professionali durante la vita di coppia.
  • Accesso ai dati patrimoniali: l’autorità giudiziaria può acquisire informazioni dall’Anagrafe tributaria e da banche dati pubbliche. Omettere o “alleggerire” la dichiarazione dei redditi serve a poco e può peggiorare la posizione processuale.
  • Spese straordinarie e figli adulti: la ripartizione delle spese straordinarie richiede intese precise, altrimenti le contestazioni fioccano. Per i figli maggiorenni, il mantenimento continua se non sono economicamente autonomi, ma l’inerzia colpevole nel trovare lavoro può portare a una revisione al ribasso.

Il contesto, dunque, non lascia molto margine all’improvvisazione. E la novità più rumorosa — l’estensione dei diritti economici post-relazione oltre il matrimonio — promette di aumentare il numero di ex partner chiamati a versare un assegno periodico o, in alternativa, una somma una tantum.

Unioni civili e assegno: cosa cambia davvero e quando scatta il diritto

Il diritto italiano ha via via consolidato l’equiparazione, ai fini economici, tra lo scioglimento del matrimonio e quello dell’unione civile. In parole semplici: quando una unione civile si scioglie, anche l’ex partner può avere diritto all’assegno, secondo criteri molto simili a quelli già noti per il divorzio. Non si tratta di un automatismo: occorre dimostrare che ne ricorrono i presupposti, valutati dal giudice caso per caso.

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Unioni civili e assegno: cosa cambia davvero e quando scatta il diritto (Uspms.it)

I criteri applicati sono quelli che la giurisprudenza ha affinato negli ultimi anni: l’assegno non serve solo a “sostenere” chi guadagna meno, ma ha anche una funzione compensativa e perequativa. Il tribunale guarda a fattori come durata della convivenza e del vincolo, contributo dato da ciascuno alla vita comune (anche domestico e di cura), eventuali rinunce professionali o sacrifici di carriera in favore della famiglia o dell’attività dell’altro partner, età, salute, capacità e possibilità effettive di lavoro, squilibrio economico tra gli ex al termine della relazione, se riconducibile alla storia di coppia.

Se il giudice accerta che l’ex partner “debole” ha pagato un prezzo economico alla relazione — per esempio interrompendo studi o rinunciando ad avanzamenti — può riconoscere un assegno che non è solo “sostegno”, ma riequilibrio di quella perdita di chance. Può essere liquidato in forma periodica o, in alternativa, in un’unica soluzione, quando ciò consenta di chiudere definitivamente i rapporti patrimoniali.

La convivenza successiva del beneficiario incide in modo selettivo: una nuova unione stabile può far venire meno la componente assistenziale, ma non elimina automaticamente la parte compensativa maturata per i sacrifici passati. Resta fermo che un nuovo matrimonio o una nuova unione civile fanno cessare l’assegno. Anche l’eventuale ripresa di un’attività lavorativa o un miglioramento significativo del reddito possono giustificare la revisione.

Quanto alla quantificazione, non esistono tabelle rigide: si parte dalla fotografia completa delle risorse di entrambi, inclusi redditi, patrimoni, tenore di vita raggiunto durante la relazione e prospettive realistiche. L’importo può essere rivalutato nel tempo e viene frequentemente sottoposto ad adeguamento ISTAT. Per l’inadempimento sono previste misure incisive, tra cui il sequestro, il pignoramento diretto presso terzi e la segnalazione all’autorità giudiziaria nei casi più gravi.

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