L’autunno è la stagione dei funghi ma bisogna fare attenzione a quali si mangiano: infatti c’è un rischio molto grosso che si può correre.
I funghi sono degli ingredienti molto amati in cucina e versatili e in autunno in tanti li comprano al mercato, al supermercato o hanno l’abitudine di andare a coglierli da soli. Ma attenzione a farlo: infatti, prima di portare in tavola il bottino del bosco, è necessario sapere che tra sapori stellari e insidie micidiali c’è un confine sottile.

Sì, perché non tutti i funghi sono commestibili ed alcuni possono essere pericolosi per la salute (causando anche la morte). Ecco allora perché la prudenza salva la salute e quali segnali considerare per riconoscere i funghi buoni da quelli velenosi.
Come riconoscere i funghi velenosi
Un fungo sbagliato può mandarti al Pronto Soccorso. La stagione è un invito irresistibile a infilare gli scarponi e riempire i cestini, ma è proprio quando l’entusiasmo sale che il rischio di confondere un fungo commestibile con un sosia pericoloso diventa reale. Hai mai pensato quanto sia facile scambiare un ovolo buono con una Amanita phalloides o una Amanita muscaria “da fiaba”?

La domanda è semplice: vuoi davvero giocare alla roulette russa col piatto? Il problema, in breve, è che non esistono regole universali per distinguere a colpo d’occhio funghi commestibili e funghi velenosi. I colori ingannano, l’habitat confonde, e i vecchi trucchi da nonna (aglio che annerisce, cipolla “spia”, lumache che “testano” per te) sono miti da sfatare.
Gli esperti degli Ispettorati micologici delle ASL e dei Centri Antiveleni lo ripetono ogni autunno: affidati a chi è formato per riconoscere anche le minime differenze, perché spesso si parla di dettagli che l’occhio non allenato non vede.
Come si presenta, di solito, l’inganno? Capita di tornare a casa convinti di aver trovato la “mazza di tamburo perfetta” e invece avere in cesta una Lepiota cristata; di scambiare i profumati finferli per l’Omphalotus olearius, il “fungo dell’olivo” che provoca vomito insistente; o un porcino per il Rubroboletus satanas, che alla sezione vira di colore. C’è poi chi raccoglie il Paxillus involutus, un tempo ritenuto commestibile, salvo scoprire (a proprie spese) che può causare intossicazioni da accumulo.
E la Gyromitra esculenta, la “falsa spugnola”: cappello cerebriforme, bruno-rossiccio e una tossicità che bersaglia fegato e reni. Il rischio di sottovalutare il problema non è solo il mal di pancia. Le intossicazioni da funghi possono comparire subito o dopo giorni, quando ormai non colleghi più il piatto al sintomo. Nello scenario peggiore, entrano in gioco danni gravi al fegato e al rene, ricovero, terapie costose e, purtroppo, casi mortali. Tradotto: rimandare il controllo o “assaggiare per vedere l’effetto che fa” è un azzardo che non vale mai la pena.
La “soluzione” non è diventare micologi in un weekend, ma imparare un metodo sicuro e replicabile. Primo: mai improvvisare. Se raccogli, porta sempre l’esemplare intero, con volva e anello intatti, senza tagliare il gambo; custodiscilo in un cestino aerato, mai in sacchetti di plastica; non mescolare specie diverse, scatta foto nel punto di crescita. Poi fai la mossa che fa la differenza: portali all’Ispettorato micologico ASL.
È un servizio pubblico, diffuso sul territorio, che offre consulenze e certificazioni: gli esperti ti dicono se quel raccolto è commestibile, sospetto o da scartare. Se non puoi farlo subito, la scelta più intelligente è non consumarli. E in caso di malessere dopo un pasto a base di funghi, rivolgiti senza indugio a 118/112 o al Centro Antiveleni: conserva gli avanzi e i residui, sono fondamentali per la diagnosi. Gli esperti ricordano anche un punto chiave: la cottura non rende commestibili i funghi velenosi e i “test casalinghi” sono privi di valore.

In cucina, anche i funghi buoni chiedono consapevolezza. Alcune specie, pur commestibili, richiedono trattamenti precisi: i chiodini (Armillaria mellea) contengono una tossina proteica termolabile e vanno bolliti e scolati bene, in genere per circa venti minuti, prima di qualsiasi ricetta; i pioppini (Cyclocybe aegerita) si consumano solo dopo cottura; l’ovolo buono (Amanita caesarea) si può gustare crudo, ma esclusivamente se riconosciuto con certezza.
Regola di base: niente abbuffate, porzioni moderate e freschezza garantita; conserva al freddo per poco tempo o cucina e congela, evitando preparazioni improvvisate. E no, aglio, cipolla, prezzemolo o il bollore prolungato non neutralizzano le tossine dei funghi non commestibili. Se vuoi azzerare i rischi, orientati su funghi certificati dal mercato o su coltivati come champignon, portobello, pleurotus (orecchioni) e shiitake: sono controllati, reperibili tutto l’anno e perfetti per ricette saporite, dal risotto alle cotolette vegetali. È la via “smart” quando il bosco chiama ma il dubbio resta.