Tante persone rischiano di perdere 100 euro del Bonus Natale 2025 per 3 errori banali nella compilazione del modulo. Ecco quali non commettere.
Manca ancora qualche mese a Natale ma già si pensa ai preparativi: all’albero, al menu spulciando qualche ricetta, ai regali da fare e non solo. Le spese saranno tante, come ogni anno, ma molti potranno contare anche sul Bonus Natale 2025, una misura che però rischia di non arrivare a molti…

Sì, perché nel compilare il modulo di richiesta di questo bonus si potrebbero commettere 3 errori molto banali. Per questo, con un controllo mirato e qualche accortezza, si può evitare l’errore che blocca l’accredito e trasformare la burocrazia in un piccolo extra garantito. Vediamo come.
I 3 errori da non commettere nella compilazione della domanda del Bonus Natale 2025
Se pensi che 100 euro siano poca cosa, prova a perderli per una disattenzione. Il problema è semplice e fastidioso: c’è un modulo da consegnare entro il 31 ottobre per avere il Bonus Natale 2025 in busta paga, ma tre errori ricorrenti stanno tagliando fuori migliaia di lavoratori. Ti è mai capitato di compilare in fretta, dare per scontati i dati dei figli, dimenticare una firma o un reddito del partner “minimo, tanto non conta”? È lì che scivolano anche i più scrupolosi. E quando te ne accorgi, è troppo tardi per l’accredito nella tredicesima di dicembre. Vale davvero la pena regalare quei soldi?

Mettiamo ordine nei fatti: il bonus è un “aiutino” da 100 euro, destinato ai lavoratori dipendenti con reddito annuo fino a 28.000 euro, che arriva in automatico nella tredicesima se il datore di lavoro ha il tuo modulo corretto e completo in tempo. Dal 2024 non serve più avere il coniuge a carico: basta avere almeno un figlio a carico. Questo ha allargato la platea, includendo anche coppie di fatto e genitori single. Dettaglio importante: proprio perché la platea è più ampia, i controlli sui dati sono più puntuali.
Chi sbaglia il modulo, spesso per dettagli minuscoli, vede il bonus slittare o sparire. Come si presenta il problema, nella pratica? Inizia tutto con un PDF o un form aziendale da compilare, magari su smartphone tra una riunione e l’altra. La prima trappola è il codice fiscale dei figli a carico: basta un’inversione di numeri, un carattere scambiato, un codice non aggiornato per un cambio di residenza o un’omocodia, e il sistema scarta la richiesta.
La seconda riguarda la dichiarazione di altri redditi del coniuge: anche se il coniuge non deve più essere “a carico” per ottenere il bonus, omettere che guadagna qualcosa (anche 5.000 euro annui o piccoli redditi occasionali) può far risultare incoerente la tua autocertificazione e portare al blocco. Terza saponetta: la firma digitale non conforme. Una foto sfocata della firma scritta a penna o un PDF firmato con strumenti non riconosciuti dalle policy aziendali spesso non basta.
E i rischi di lasciar correre? Il primo è ovvio: niente accredito automatico nella tredicesima di dicembre. Tradotto: rinunci a 100 euro proprio nel mese in cui ogni euro conta per regali, spesa e bollette. Il secondo è più subdolo: recuperare l’importo a posteriori significa affidarti ai tempi lunghi della dichiarazione dei redditi, con rimborsi che arrivano l’anno successivo. In più, un modulo incoerente può far scattare richieste di integrazione documentale o controlli, facendoti perdere tempo ed energie. Aspettare significa trasformare un bonus “cash” e immediato in un credito futuro incerto, con la sensazione di aver lasciato soldi sul tavolo per una sciocchezza evitabile.

La buona notizia è che si può intervenire subito. La prima mossa è un check chirurgico dei dati anagrafici: riprendi il modulo, verifica il codice fiscale dei figli a carico dalla tessera sanitaria o dal portale dell’Anagrafe Nazionale e assicurati che combaci alla lettera. Se hai dubbi per omocodia o recenti variazioni, chiedi al CAF o al consulente del lavoro: dieci minuti ora ti salvano un mese di attesa. Subito dopo, rivedi la parte sui redditi del coniuge. Anche se il coniuge non deve essere a carico, indicare correttamente eventuali introiti (anche piccoli) evita anomalie. Gli esperti HR spiegano che molte piattaforme di gestione paghe fanno controlli incrociati: una omissione può bastare per far scattare il semaforo rosso.
Poi c’è il tema “firma”. Se l’azienda richiede firma digitale qualificata o firma elettronica avanzata, non basta incollare un’immagine della tua firma. Segui le istruzioni del datore di lavoro: molte realtà accettano SPID/certificati qualificati o piattaforme di firma conformi e rifiutano caricamenti “creativi”. Se l’azienda consente la firma olografa, stampa, firma con penna, scansiona chiaramente in PDF e allega un documento d’identità leggibile. Una firma non conforme è il modo più rapido per far saltare l’accettazione.
E se ti sei accorto dell’errore dopo il 31 ottobre? Non tutto è perduto. Il bonus può essere recuperato in dichiarazione, tramite 730/2026 o Modello Redditi PF, inserendo l’importo nel rigo dedicato secondo le istruzioni aggiornate dell’Agenzia delle Entrate. In pratica, se non compare nella tredicesima, lo trasformi in un credito fiscale da rimborso. I tempi non sono quelli dell’immediato, ma è una rete di salvataggio reale. Qui il consiglio pratico è fare squadra con un CAF o un consulente fiscale: ti indicherà il rigo corretto e come valorizzarlo senza errori, perché le sigle e i codici cambiano con gli aggiornamenti annuali.