Busta paga molto più alta per molti lavoratori, arriva la buona notizia per gli italiani. Ma di quanto aumenta? Scopriamolo insieme.
Un segnale atteso da mesi sta per arrivare direttamente nella busta paga di numerosi lavoratori italiani. Già dalle prossime mensilità, in molti vedranno una cifra netta più generosa rispetto al passato. Non si tratta di un premio occasionale o di un bonus estemporaneo, ma dell’effetto combinato di misure strutturali che incidono sulle trattenute e sull’imposizione fiscale.

Quanto vale la sorpresa? E soprattutto: chi la vedrà davvero e con che regolarità? Le risposte non sono uguali per tutti e dipendono da vari fattori, tra cui il livello di reddito, il tipo di contratto e alcune specifiche del rapporto di lavoro.
Le anticipazioni che circolano tra addetti ai lavori e consulenti del personale parlano di una mensilità “alleggerita” nei costi per i dipendenti, con un beneficio che potrebbe consolidarsi per diverse buste paga dell’anno. La curiosità è altissima perché l’impatto concreto si materializza in busta, riga dopo riga: dalle aliquote applicate alle detrazioni, passando per la riduzione dei contributi a carico del lavoratore.
Non è un’operazione cosmetica: i numeri cambiano davvero, anche se con intensità variabile. C’è chi intravede un piccolo extra utile a bilanciare il carovita e chi, in fascia reddituale medio-bassa, potrebbe percepire un aumento più evidente.
Aumento busta paga, chi guadagna di più e di quanto: cifre, platea ed esclusi
Secondo il riepilogo pubblicato da Brocardi.it, la platea che vede un effetto più consistente è quella dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Il primo pilastro è il taglio del cuneo contributivo a carico del lavoratore, confermato nelle misure cardine: l’aliquota personale viene ridotta di alcuni punti percentuali, con due scaglioni di maggior favore per chi ha redditi fino a circa 25.000 euro lordi annui e per chi si colloca fino a circa 35.000 euro. Tradotto: su stipendi lordi entro queste soglie, la trattenuta previdenziale si abbassa e il netto cresce. L’incremento mensile può arrivare, in media, a diverse decine di euro, con picchi che si avvicinano a circa 100 euro per le retribuzioni attorno alle soglie più tutelate. Va ricordato che il taglio contributivo non si applica alla tredicesima, che quindi resta esclusa da questo specifico beneficio.

Il secondo pilastro riguarda l’IRPEF, riorganizzata su tre scaglioni con l’aliquota più bassa al 23% fino a 28.000 euro. Questa razionalizzazione comporta un alleggerimento dell’imposta per chi si colloca nella fascia fino a 28.000 euro, con un vantaggio che, su base annua, può valere alcune centinaia di euro e che, mese per mese, si traduce in un aumento netto generalmente intorno a qualche decina di euro. Anche in questo caso l’entità concreta dipende dalle detrazioni personali, dall’eventuale presenza di familiari a carico e dalle addizionali regionali e comunali.
Mettendo insieme i due effetti, le simulazioni più diffuse indicano che per un dipendente con reddito lordo annuo tra 20.000 e 25.000 euro, l’aumento in busta paga può oscillare, in media, fra circa 70 e 120 euro al mese; per chi guadagna tra 25.000 e 35.000 euro lordi, il beneficio mensile tende ad attestarsi in una forchetta più contenuta, tipicamente tra 40 e 90 euro; sopra i 35.000 euro lordi, il vantaggio si assottiglia, restando comunque percepibile per chi rientra ancora nelle fasce coperte dal lieve calo di aliquota IRPEF; oltre i 50.000 euro, gli effetti possono essere neutralizzati o ridursi sensibilmente per via di correttivi sulle detrazioni.
E gli esclusi? Brocardi.it evidenzia che il taglio del cuneo riguarda i lavoratori dipendenti: i pensionati e i lavoratori autonomi non beneficiano di questa specifica riduzione contributiva. Inoltre, come detto, la tredicesima non è toccata dal taglio dei contributi; può invece riflettersi, se del caso, la sola parte IRPEF. Restano poi le differenze territoriali delle addizionali locali che possono limare o amplificare di qualche euro il vantaggio netto.