Il calcio italiano è stato. colpito da un lutto veramente devastante, il messaggio straziante lascia tutti senza parole e colpisce lo stomaco del pubblico.
La giornata di campionato appena archiviata ha offerto il suo consueto carico di emozioni: tra la corsa al vertice, le sfide per un posto in Europa e la battaglia salvezza, non sono mancati ribaltoni, prestazioni individuali di spessore e discussioni arbitrali.
Ma oltre il campo, una notizia ha attraversato l’intero movimento come un brivido freddo, ammutolendo per un attimo l’entusiasmo del weekend: il calcio italiano è stato colpito da un lutto che tocca uno dei protagonisti più riconoscibili della Serie A contemporanea. La scomparsa del padre di Romelu Lukaku ha gettato un’ombra di dolore che va oltre la rivalità sportiva, avvicinando tifosi e addetti ai lavori nel rispetto della sofferenza personale di un campione abituato a caricarsi sulle spalle le attese di un pubblico esigente.
Il peso della notizia si è propagato rapidamente sui social e negli spogliatoi, ricordando quanto uomini e storie vengano prima dei risultati. In un tempo in cui ogni domenica si misura in gol e punti, la dimensione umana ritorna al centro: lo sport come comunità, capace di stringersi attorno a chi sta vivendo un momento di perdita.
Roger Lukaku è morto a 58 anni. Ex calciatore, padre di Romelu e Jordan, è stato una figura importante nella storia familiare dei due fratelli, entrambi approdati all’élite del calcio europeo. Nato nell’Africa centrale e cresciuto calcisticamente in Belgio, Roger aveva militato in diversi club della scena belga negli anni Novanta, portando con sé un bagaglio di esperienze che, come spesso accade nelle famiglie di sportivi, ha tracciato una scia profonda nel percorso dei figli. La sua carriera, segnata da sacrifici e spostamenti, ha rappresentato per Romelu un riferimento concreto: la passione per il pallone come ascensore sociale, la disciplina quotidiana come unico linguaggio condiviso.
Nelle ore successive alla notizia, Romelu Lukaku ha affidato ai propri profili social un messaggio di addio di grande intensità emotiva, sottolineando quanto il vuoto lasciato dal padre sia destinato a cambiare per sempre il suo sguardo sul mondo. Tra le parole, una frase ha colpito in modo particolare: “Non sarò più lo stesso”. Poche sillabe, ma sufficienti a restituire la profondità di un dolore che non riguarda il campione, il bomber, l’uomo-copertina, bensì il figlio che saluta il proprio genitore.
Il cordoglio si è allargato rapidamente: compagni di squadra ed ex compagni, avversari, club e tifosi hanno tenuto a manifestare vicinanza e rispetto. Al netto dei colori, il lutto di Lukaku è diventato un momento collettivo, un richiamo alla centralità degli affetti e delle radici. In tanti hanno ricordato l’influenza di Roger nella formazione del carattere del figlio: quella determinazione feroce che Romelu ha spesso attribuito alle difficoltà incontrate da ragazzo, al desiderio di riscatto per sé e per la sua famiglia.
Il profilo di Roger, per molti rimasto discreto e lontano dai riflettori, emerge oggi come quello di un uomo che ha trasmesso ai figli l’amore per il gioco e l’etica del lavoro, un’eredità che va oltre il talento. Se le statistiche e i trofei raccontano solo una parte, è nel rapporto padre-figlio che si comprende la sorgente di una mentalità competitiva e resiliente, quella stessa che ha reso Romelu un simbolo del centravanti moderno.
Nel frattempo, Romelu Lukaku è fermo ai box per infortunio. Il centravanti sta seguendo un percorso di recupero che, come avviene in questi casi, alterna terapie, lavoro personalizzato e monitoraggio quotidiano delle sensazioni. Al momento, l’obiettivo è duplice: da un lato rispettare i tempi del corpo, evitando rischi o forzature; dall’altro ritrovare gradualmente ritmo e brillantezza quando le condizioni lo consentiranno. In questa fase, la componente mentale ha un peso specifico: elaborare un lutto mentre si lavora per tornare in campo richiede equilibrio, ascolto di sé e un ambiente che sappia proteggere il giocatore.
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