Fare il pellet in casa è la tendenza del momento: promette autonomia e bollette più leggere, ma il trucco funziona davvero solo in una condizione precisa.
Diciamolo subito: il pellet fatto in casa non è la scorciatoia magica per scaldarsi quasi gratis. È un progetto affascinante, sì, ma può trasformarsi in un buco nero di soldi, tempo e fatica. Quante volte hai pensato “lo faccio da me e risparmio”? Ecco, oggi capiamo se questa è la volta buona o l’ennesimo “falso affare”.

Il problema è semplice da riconoscere: l’idea parte da un video sui social, un vicino che “giura” di aver speso la metà o l’illusione di mettere a frutto quei rami potati in giardino. Poi arrivano i pezzi del puzzle: la pellettatrice, il trituratore, l’essiccazione, la corrente per far girare tutto e la manutenzione. Sulla carta sembra lineare; nella pratica entrano in gioco qualità della segatura, umidità del materiale, spessori, calibrazione dei rulli, e all’improvviso il weekend “green” si allunga in un corso accelerato da meccanico e magazziniere.
Io l’ho visto con mio zio, frutticoltore: montagne di potature, una pellettatrice condivisa tra tre famiglie, spazio coperto per l’essiccazione e un compressore serio per la pulizia. In quel caso il conto è tornato. Ma un amico di città, partito da zero e “pagando” scarti di falegnameria e corrente, ha speso più di chi comprava sacchi di pellet ENplus A1 in offerta a fine estate.
Quando conviene davvero fare il Pellet in casa
La risposta breve è questa: conviene fare il pellet in casa solo se hai materia prima gratuita o a costo simbolico, come potature, scarti non trattati e segatura pulita, e se puoi contare su macchinari condivisi (o già pagati) più un minimo di spazio e tempo per lavorare e essiccare il materiale. È il famoso “unico caso” che fa quadrare i conti. Se rientri in questo profilo, la pellettatrice diventa un investimento sensato, soprattutto se dividi costi e turni con vicini o familiari.

In più, se produci quantità sufficienti da spalmare i costi su più stagioni, il risparmio è reale. Altrimenti, tra energia elettrica necessaria, ricambi (matrici e rulli non sono eterni), manutenzione e scarti dovuti alla messa a punto, il fai‑da‑te diventa un salasso camuffato da hobby.
Un altro dettaglio che gli addetti ai lavori sottolineano: la qualità del pellet. Gli standard come ENplus A1 o DINplus non sono vezzi burocratici: significano basso contenuto di ceneri, umidità corretta e resa costante. Se produci in casa senza poter replicare questi standard, la stufa rende meno, pulisci di più e consumi di più. E consumare di più, lo sai, significa pagare di più. In più, alcune stufe sono progettate e tarate proprio per pellet certificato: usare materiale non conforme può portare a malfunzionamenti.