Se smarrisci il tuo cane in aeroporto rischi davvero grosso, a dimostrarlo è una nuova sentenza shock e davvero molto pesante. Andiamo a scoprire perché.
Smarrire un cane in aeroporto non è solo un incubo emotivo: è un rischio enorme sotto il profilo pratico, economico e legale. Tra controlli, scali, procedure di imbarco e transito, il viaggio aereo con un animale domestico è una catena di passaggi delicati.

Se qualcosa si interrompe — un kennel non caricato, un trasferimento non tracciato, un errore di riconsegna — le conseguenze possono essere devastanti. Lo dimostra una nuova sentenza destinata a far discutere, che sta già scuotendo compagnie aeree, scali e viaggiatori. Una pronuncia che, al di là dei tecnicismi, manda un messaggio chiarissimo: chi perde di vista un animale in ambito aeroportuale si espone a guai seri. E non si tratta solo di reputazione o di richiami interni: in gioco ci sono responsabilità pesanti, procedure complesse e potenziali esborsi che possono mettere in difficoltà anche operatori esperti.
Negli ultimi anni il traffico “pet-friendly” è esploso: sempre più passeggeri viaggiano con cani e gatti, in cabina o stiva, sulla base di regole che variano da vettore a vettore e si intrecciano con normative internazionali. Questa crescita, però, ha messo sotto stress un sistema fatto di addetti al check-in, handler di rampa, uffici lost&found e dogane. In questo contesto, uno smarrimento non è mai un semplice disguido: scatta l’allerta, partono ricerche frenetiche tra piazzali e magazzini, si aprono dossier interni e si attivano uffici legali.
La nuova sentenza, definita da molti “shock”, innalza ulteriormente l’asticella dell’attenzione, perché chiarisce che non si può più trattare la movimentazione degli animali come un capitolo residuale delle procedure aeroportuali. Non diremo qui che cosa stabilisce nel merito; basta sapere che indica una linea molto netta, di quelle che obbligano tutti a rivedere prassi e contratti.
Il caso che è arrivato alla Corte di giustizia Ue: cane smarrito in aeroporto
La miccia della discussione è stata una vicenda concreta, finita fino ai giudici di Lussemburgo. Una passeggera aveva affidato il proprio cane alla compagnia aerea per il trasporto in stiva, con tutte le formalità: kennel omologato, etichette, ricevuta di accettazione come collo registrato. All’arrivo, però, dell’animale nessuna traccia. La proprietaria ha avviato un reclamo, poi un’azione per ottenere un risarcimento, scontrandosi con la tesi — molto diffusa tra i vettori — secondo cui gli animali non rientrerebbero in certe discipline sulla responsabilità tipiche del bagaglio. Il contenzioso è quindi approdato, tramite rinvio pregiudiziale, alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

I giudici hanno esaminato il punto chiave: quando un cane viaggia come collo registrato, sottoposto alle stesse regole di accettazione, etichettatura, carico e riconsegna del bagaglio, quale regime di responsabilità si applica se l’animale viene smarrito, danneggiato o non riconsegnato? È una domanda tutt’altro che accademica, perché da essa dipendono i diritti del passeggero e gli obblighi del vettore: dai massimali di indennizzo alle condizioni per dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
La decisione ha ricostruito meticolosamente il perimetro normativo e il rapporto contrattuale tra viaggiatore e compagnia. Il punto di partenza è stato il dato fattuale: il cane era stato accettato come collo, registrato e trattato nell’iter operativo dei bagagli. Di conseguenza, il rapporto giuridico non può essere “spezzato” a seconda che nel kennel ci sia un bene inanimato o un animale. La Corte ha così chiarito il quadro applicabile alle richieste di ristoro del danno in casi di smarrimento o mancata riconsegna, delineando quali tutele spettino al passeggero, quali limiti valga rispettare e quali obblighi gravino sul vettore per andare esente da responsabilità.
L’eco della pronuncia è stata immediata. Per i passeggeri significa poter inquadrare con maggiore certezza la propria pretesa: raccogliere documenti (ricevute, etichette, foto del kennel, comunicazioni con il customer care), aprire subito un rapporto di irregolarità in aeroporto, mettere in mora il vettore e, se necessario, rivolgersi all’organismo nazionale di esecuzione dell’aviazione civile. Per le compagnie, significa adeguare condizioni di trasporto, modulistica e training del personale, rafforzando tracciamenti e catene di custodia. Gli scali, dal canto loro, dovranno assicurare corridoi dedicati e sistemi di verifica che riducano al minimo il rischio di errori, soprattutto negli hub con molti transiti.