Ho ricevuto ora un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’errore però l’ha commesso il commercialista. A pagare sarò io, cosa posso fare?
In Italia, le sanzioni tributarie colpiscono di regola il contribuente anche quando l’errore è del professionista incaricato: l’affidamento al commercialista, da solo, non basta a evitare le multe.

Molti commercialisti hanno una polizza di responsabilità civile professionale: spesso copre danni, interessi e spese legali, ma non sempre le imposte dovute. Un avviso di accertamento oggi è “esecutivo”: trascorsi i termini, l’Erario può iniziare la riscossione frazionata, a meno che non si ottenga una sospensione. Chiedere l’accertamento con adesione sospende i termini per il ricorso e può ridurre le sanzioni, senza però cancellare le imposte se sono effettivamente dovute.
Delegare non significa abdicare: la giurisprudenza richiama il contribuente a un dovere minimo di vigilanza su dichiarazioni e versamenti firmati in proprio nome. Per le liti fino a una certa soglia è obbligatorio il reclamo-mediazione prima di arrivare in giudizio, una fase che può chiudersi con un accordo più conveniente di una causa. Se dimostri un’“obiettiva incertezza” normativa o un affidamento incolpevole fondato su prassi ufficiali, puoi chiedere l’esclusione o la riduzione delle sanzioni. In alcuni casi l’autotutela può chiudere la partita senza contenzioso, ma funziona solo quando l’errore dell’Ufficio è palese e documentabile.
Accertamento dall’Agenzia delle Entrate, cosa fare?
Ricevere un accertamento dall’Agenzia delle Entrate quando ritieni che a sbagliare sia stato il commercialista è una doccia fredda. La prima verità, confermata da orientamenti giurisprudenziali richiamati dalla cronaca giuridica, è che il rapporto d’imposta resta personale: l’Agenzia notifica e pretende dal contribuente, non dal professionista. L’errore del consulente non “schermizza” il debito tributario. Questo non significa però che tu debba subire e basta. Ecco una linea d’azione concreta.

Leggi l’atto e segna le scadenze: Hai 60 giorni dalla notifica per agire (con sospensione dei termini nel mese di agosto). Verifica tributo, annualità, motivi dell’accertamento, calcoli e allegati. Se l’atto è un avviso esecutivo, può partire la riscossione frazionata: valuta subito se chiedere una sospensione cautelare.
Se i rilievi non ti convincono, prepara il ricorso: Raccogli le prove: consegne di documenti al commercialista, email, ricevute, estratti F24, deleghe, parcelle, istruzioni fornite. Impugna l’atto indicando i vizi sostanziali (insussistenza del maggior reddito, errata qualificazione, calcoli) e formali (motivazione carente, istruttoria incompleta).
Prova a limitare o azzerare le sanzioni: Il principio di colpevolezza in materia tributaria consente l’esclusione delle sanzioni quando dimostri l’assenza di colpa, per esempio per obiettiva incertezza normativa o affidamento incolpevole su circolari e prassi ufficiali. La sola delega al professionista, secondo i giudici, di solito non basta; ma se provi di aver fornito tempestivamente tutti i dati, di aver vigilato e di esserti attenuto a indicazioni tecniche ragionevoli, hai argomenti per chiedere quantomeno la riduzione delle multe.
Azione verso il commercialista: Parallelamente, attiva la responsabilità professionale del consulente. Invia una diffida formale allegando l’accertamento e la prova dell’errore (omesso invio dichiarazione, errato inquadramento, versamenti non eseguiti, termini scaduti).