Tra abitudini radicate e nuove tendenze del consumo, l’Italia fa i conti con i propri “peccati quotidiani” e proprio su questo fronte arrivano novità destinate a incidere sulle tasche e sulle scelte dei cittadini.
Il filo che attraversa generazioni e quartieri, un tratto di costume che racconta gli italiani meglio di molte statistiche: i piccoli riti quotidiani. Dal caffè al bancone alle partite a carte, dal lotto del giovedì alla schedina della domenica, dalla sigaretta in pausa al richiamo del feed sullo smartphone, i vizi – chiamateli pure abitudini, consolazioni o strappi alla disciplina – compongono un mosaico che parla di socialità, di tempo sospeso, di identità collettiva.

Hanno il passo delle cose familiari: i bar che aprono presto, le edicole che resistono, i tabaccai come presidi di quartiere, le sale scommesse illuminate fino a tardi, le piazze in cui ci si ritrova per raccontarsi la giornata. Nel Paese che ha fatto del caffè un linguaggio e del bar un’estensione del salotto, le abitudini convivono e si trasformano. Accanto ai rituali più antichi, emergono usi nuovi: le sigarette elettroniche nelle tasche dei più giovani, l’onnipresenza dello smartphone che modula ansie e desideri, le scommesse live che accompagnano la partita minuto per minuto, i gratta e vinci che promettono un lampo di fortuna.
I confini tra vizio e consuetudine si fanno sfumati, perché il piacere dell’attimo è spesso intrecciato a dinamiche sociali e culturali profonde. Ma ora, a fare i conti con questi vizi radicati a cui non si riesce a rinunciare, saranno anche le tasche degli italiani con aumenti esorbitanti.
Aumento di 1.5 su tutte: il vizio degli italiani costa caro
Dal 1° gennaio 2026 scatta l’inasprimento delle accise sul tabacco previsto dalla Legge di Bilancio 2026 del Governo Meloni. Il provvedimento introduce rincari graduali fino al 2028: secondo le stime contenute nel Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles, il prezzo di un pacchetto di sigarette potrà crescere fino a 1,50 euro rispetto ai livelli attuali. La marcia sarà scandita da piccoli scatti nel 2026 e interventi più consistenti nel 2027 e nel 2028.

La stretta non riguarderà solo le bionde tradizionali: sono coinvolti anche i tabacchi trinciati, i sigari, i dispositivi elettronici e i liquidi da svapo. Il Ministero dell’Economia stima un gettito aggiuntivo di circa 200 milioni di euro l’anno, risorsa chiamata a sostenere altre misure della manovra. Nel complesso, la Manovra economica 2026 vale 17,5 miliardi di euro e trova coperture in un mix di tagli ai ministeri (circa 8 miliardi nell’arco di tre anni), lotta all’evasione, entrate una tantum e nuovi prelievi.
Il capitolo fiscale sul fumo resta tra i più incisivi in Europa. Oggi oltre due terzi del prezzo di un pacchetto confluisce nelle casse pubbliche. La struttura prevede un’accisa specifica pari a 29,5 euro ogni 1.000 sigarette e una quota proporzionale del 49,5% sul prezzo di vendita. A ciò si sommano l’IVA al 22% e il margine dei rivenditori, che incide per circa il 10% sul prezzo finale. Con i nuovi aggiustamenti, la tassazione complessiva potrebbe superare il 70% del prezzo al consumo, mantenendo l’Italia nel gruppo dei Paesi con la pressione fiscale più alta sul tabacco.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha definito gli aumenti “progressivi e sostenibili”, indicando un duplice obiettivo: equilibrio di finanza pubblica e tutela della salute, con un effetto di dissuasione verso prodotti considerati dannosi. La misura si inserisce nel quadro degli impegni con l’Unione Europea per il rispetto del rinnovato Patto di Stabilità, con l’intento dichiarato di evitare manovre correttive in corso d’anno.
Il tema incrocia numeri di prevalenza tutt’altro che marginali. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia fuma circa un adulto su quattro: il 28% tra gli uomini e il 20% tra le donne. La diffusione è più elevata nelle fasce economicamente fragili, dove oltre il 35% dichiara un consumo regolare, e tra i giovani adulti di 18-34 anni la quota si attesta vicino al 28%. In parallelo, prosegue l’ascesa dei prodotti alternativi, dalle e-cig ai riscaldatori di tabacco. Ogni rialzo dei listini porta con sé l’ombra del mercato illegale.
Un report Ipsos commissionato da Logista stima che nel 2024 l’area grigia del tabacco in Italia abbia raggiunto il 5% del valore complessivo, per un giro d’affari vicino a 1,1 miliardi di euro. A farla da padrone restano le sigarette tradizionali di contrabbando, con oltre 566 milioni di euro e un’incidenza pari a circa il 3,2% del mercato legale. Ma l’attenzione si sposta anche sui prodotti “nuovi”: le usa e getta acquistate fuori dai canali ufficiali avrebbero coperto il 19,4% del segmento (circa 183 milioni), mentre le capsule sfiorano il 50%, attorno ai 350 milioni.

Gli effetti macroeconomici non sono trascurabili: nel 2024 la mancata riscossione delle accise ha comportato una perdita stimata in 620 milioni di euro, con un impatto sul PIL di circa 230 milioni e una contrazione dell’occupazione regolare stimata in 5.100 posti. Sullo sfondo, la sfida di coniugare finalità di salute pubblica, obiettivi di bilancio e contrasto a contrabbando e contraffazione, mentre il mosaico dei vizi italiani continua a mutare insieme alle abitudini di consumo e ai segnali che arrivano dall’economia reale.




