La bordata a Sinner non si è fatta attendere, sport italiano spaccato in due

La decisione di Sinner ha generato delle conseguenze: i duri attacchi non si sono fatti attendere ma c’è anche chi lo appoggia.

Jannik Sinner è diventato il baricentro emotivo e tecnico dello sport italiano. È il n. 2 del ranking mondiale, il volto globale di un tennis azzurro risorto, il protagonista di una stagione scandita da trofei pesanti e da un’aura di professionalità poco comune per un atleta di 23 anni. Attorno a lui si è costruita un’aspettativa smisurata: che vinca, che trascini, che si prenda carico non solo del suo percorso individuale ma anche di quello collettivo.

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La bordata a Sinner non si è fatta attendere, sport italiano spaccato in due (Instagram @janniksin) – uspms.it

Un peso che Sinner ha accettato per larga parte dell’anno, muovendosi con la calma millimetrica di chi conosce il proprio piano e lo segue. In questa cornice, ogni decisione sul calendario non è un dettaglio: è un messaggio. Sinner ha rinunciato alla Coppa Davis, o meglio: ha comunicato la sua indisponibilità per l’impegno azzurro, e di conseguenza non è stato convocato per le Finals di Bologna. Questo ha generato delle conseguenze non indifferenti, anche a livello di critiche.

Sport italiano spaccato in due dopo la decisione di Sinner

Sinner stesso ha spiegato: “È stata una decisione non semplice, ma dopo Torino l’obiettivo è partire col piede giusto in Australia. Non sembra, ma una settimana di preparazione in quel periodo può fare la differenza. La Coppa Davis l’abbiamo vinta nel 2023 e nel 2024 e questa volta abbiamo deciso così con il mio team”. Parole che disegnano un ragionamento lineare: dal torneo dei Maestri in Piemonte alla marcia di avvicinamento a Melbourne, il margine di manovra è stretto e il fisico chiede priorità.

Il capitano Filippo Volandri, intanto, ha fatto chiarezza sul piano federale: “Jannik non ha dato la sua disponibilità per il 2025”, ha spiegato, confermando che, in assenza del sì del giocatore, la lista dei convocati per Bologna non avrebbe incluso il n. 2 del mondo. Il significato sportivo della rinuncia è evidente: l’Italia, lanciata nella corsa a un altro traguardo pesante, dovrà fare a meno del suo leader tecnico.

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Sport italiano spaccato in due dopo la decisione di Sinner (Instagram @janniksin) – uspms.it

La frattura di opinioni è stata immediata. Da un lato chi difende la scelta come un atto di responsabilità professionale, dall’altro chi la vive come un’occasione mancata e, per qualcuno, come un vulnus allo spirito di squadra. Paolo Bertolucci, ad esempio, ha preso posizione a favore del giocatore: “Giusto che decida lui quando giocare. Non deve rendere conto alla federazione o a squadre”. È la linea di chi legge il tennis per quello che è: uno sport individuale in cui il carico fisico, la salute e la traiettoria di carriera hanno un peso determinante, e in cui le finestre di preparazione – una settimana in più o in meno – possono spostare equilibri nella fase più calda dell’anno.

Sul fronte opposto, però, è arrivata la reprimenda più sonora. Nicola Pietrangeli, monumento del tennis tricolore e simbolo di una cultura sportiva in cui la Coppa Davis era un totem, ha parlato all’ANSA con toni durissimi: “È un grande schiaffo al mondo sportivo italiano. Non capisco quando parla di scelta difficile, deve giocare a tennis mica fare una guerra. Quando mi toccano la Coppa Davis smanio perché lo scopo di uno sportivo è mettere la maglia azzurra. Ma purtroppo parlo di un’altra epoca. Spero che durante la Davis poi non vada a giocare da qualche altra parte… Oggi il mondo è troppo pieno di soldi. Il cuore lo lasciano da parte…”.

Nelle parole di Pietrangeli si legge un conflitto generazionale e culturale. Da un lato, l’idea che vestire l’azzurro sia un dovere supremo, l’apice etico di una carriera; dall’altro, la realtà del tennis contemporaneo, globalizzato, esasperato nei ritmi, incardinato su un calendario che non perdona. I due piani non sono necessariamente inconciliabili, ma l’attrito è inevitabile. Pietrangeli rivendica un’epoca in cui la Davis rappresentava il termometro del valore di un tennista e della sua dedizione al Paese.

Tra chi applaude e chi fischia, la figura di Sinner esce, paradossalmente, ancora più centrale. Ogni suo passo – persino una rinuncia – orienta la conversazione nazionale, accende sentimenti opposti, mette a confronto epoche e sensibilità.

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