L’annuncio sul ritiro di Djokovic mette in ansia gli appassionati: parole dure da digerire

Djokovic si ritira? L’annuncio che mette ansia agli appassionati.

Novak Djokovic è abituato a sfidare il tempo, la storia e i pronostici. A 38 anni, il serbo ha fatto dell’ostinazione e della lucidità il suo marchio. Eppure le ultime parole, pronunciate dopo la sconfitta in semifinale agli US Open contro Carlos Alcaraz, hanno avuto un sapore diverso, quasi il retrogusto di un annuncio non detto.

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L’annuncio sul ritiro di Djokovic mette in ansia gli appassionati: parole dure da digerire (ansafoto) – uspms.it

L’idea che Djokovic possa considerare un ritiro non troppo distante ha messo ansia a tutti gli appassionati. Da sempre maestro nel trasformare il dubbio in carburante, anche stavolta il campione di Belgrado mantiene la rotta, ma la rotta potrebbe non allungarsi all’infinito: ammettere che i duelli al meglio dei cinque set contro forze giovani e dirompenti come Alcaraz o Sinner non siano più sostenibili, come ha lasciato intendere, è per i tifosi l’equivalente di intravedere la fine di un’epoca.

Le parole dure di Djokovic mettono ansia agli appassionati

Non tanto per una resa tecnica, quanto per una naturale riflessione sugli obiettivi e sui confini del possibile: a questo punto della carriera, Djokovic ha sempre giocato per i traguardi massimi, e l’eventualità che il suo calendario si concentri verso un ultimo giro tra gli Slam, fino al 2026, sposta lo sguardo emotivo di tutti.

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Le parole dure di Djokovic mettono ansia agli appassionati (ansafoto) – uspms.it

A dare corpo e contorni a queste sensazioni è arrivata l’analisi di Boris Becker, che conosce Djokovic meglio di tanti altri per averlo guidato in panchina nelle stagioni più prolifiche e che, intervenendo a un podcast condotto da Andrea Petkovic, ha messo in fila segnali che a suo dire parlano chiaro. Becker ha letto nella semifinale di New York una parabola eloquente: Djokovic capace di resistere ad altissimo livello per due set, ma poi costretto a inchinarsi a un Alcaraz superiore sul piano fisico e, nel terzo, anche su quello tennistico.

Il tedesco ha sottolineato come il serbo, per la prima volta con questa nettezza, abbia ammesso quanto sia sempre più complicato reggere tre su cinque contro la nuova generazione, lasciando in sospeso la durata del suo impegno negli Slam. Per Becker, il riferimento al 2026 come orizzonte competitivo non è un dettaglio ma un indizio: se l’obiettivo di Djokovic è puntare ai grandi titoli e non semplicemente accumulare altri Masters 1000, allora la domanda non è se smetterà, ma quando.

In quest’ottica, ipotizzare che le Olimpiadi del 2028 siano realistiche appare, secondo lui, un miraggio; molto più plausibile che il saluto arrivi prima, forse già dopo gli US Open della prossima stagione. A sostegno della sua tesi, l’ex numero 1 ha ricordato quanto sia cresciuto Alcaraz e come Jannik Sinner, nel 2025, abbia superato Djokovic in semifinale sia a Parigi che a Wimbledon con autorità, senza mai dare la sensazione di perdere il controllo.

E a New York, ha aggiunto, il massimo sforzo profuso da Novak nel secondo set non è bastato a invertire l’inerzia. Sullo sfondo, la grande eredità: un campione finalmente abbracciato a New York, Parigi e Londra, l’impressionante traguardo delle 53 semifinali Slam, la sensazione che il cerchio tecnico ed emotivo possa davvero chiudersi.

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