Non solo Italia, gli Agnelli costretti a bloccare tutto in Europa: crisi senza fine

Chi passa nei corridoi delle grandi fabbriche automobilistiche europee in questi giorni racconta di un silenzio insolito anche per gli Agnelli. Carrelli fermi, tabelloni con i turni che si aggiornano di ora in ora, badge che lampeggiano davanti a cancelli temporaneamente chiusi.

Le voci corrono più veloci dei comunicati: è l’eco di una crisi che in Italia si fa sentire, e non poco. Ma la sorpresa, per molti, è che non si tratta di un fenomeno circoscritto ai confini nazionali. La scossa attraversa l’intera mappa industriale del colosso legato alla galassia Agnelli-Elkann, costringendo a ripensare calendari, fermare linee, sospendere lanci. “Bloccare tutto”, dicono in modo colorito alcuni addetti, a fotografare il clima di incertezza che non risparmia nessuno.

andrea agnelli e john elkann che si stringono la mano
Non solo Italia, gli Agnelli costretti a bloccare tutto in Europa: crisi senza fine (ANSA) Uspms.it

Non è solo una questione di numeri o di grafici in calo. La sensazione, nelle mense e negli spogliatoi, è quella di una “pausa trattenuta”: i robot attendono, i fornitori chiedono lumi, i concessionari misurano ingressi e preventivi con il contagocce. L’Italia, cuore storico del gruppo, sente il peso di una congiuntura che mescola energia cara, tassi elevati e consumatori più prudenti. Ma basta allargare lo sguardo a nord e a est per capire che il vento gira allo stesso modo in Polonia, in Francia, in Spagna. Qui e là si spengono le luci per qualche turno, si riallineano i flussi, si ricalibra l’offerta. La regia, nelle mani di un gruppo in cui la presenza della holding Exor della famiglia Agnelli resta centrale e la presidenza di John Elkann dà la cifra strategica, prova a tenere tutto insieme con una parola che ricorre: flessibilità.

C’è chi racconta come, negli ultimi mesi, la transizione elettrica abbia messo a nudo contraddizioni già presenti: incentivi che vanno e vengono, listini sensibili al costo delle materie prime, normative ambientali che spingono a scelte rapide, spesso più rapide della domanda reale. E poi la concorrenza che stringe, soprattutto dall’Asia, con prodotti aggressivi nel rapporto qualità-prezzo. In questo contesto, anche i modelli “ponte” e i progetti più attesi vengono rimessi al tavolo, con tabelle di marcia riviste per evitare scorte eccessive o lanci in salita. A far notizia non è tanto il singolo stop, quanto la simultaneità dei piccoli arresti, un segnale sincrono che attraversa l’industria europea dell’auto.

Stellantis ferma l’impianto dell’“Avenger Junior”: la crisi si allarga

Secondo quanto riportato da Everyeye Motori, Stellantis ha fermato l’impianto legato al progetto “Avenger Junior”, un tassello importante nella strategia dei B-SUV compatti del gruppo. Una decisione che difficilmente si può archiviare come episodio isolato: il blocco delle linee dedicate al modello simbolo della nuova fascia d’ingresso dimostra come la tensione sia diventata europea, non più confinata a singoli stabilimenti o Paesi.

agnelli e elkann
Stellantis ferma l’impianto dell’“Avenger Junior”: la crisi si allarga (ANSA) Uspms.it

Lo stop viene presentato come temporaneo e funzionale a “riallineare la produzione” al passo della domanda e alla disponibilità componenti, ma nel sottotesto c’è un messaggio chiaro: occorre difendere marginalità e sostenibilità industriale, anche a costo di tirare il freno.

La scelta di mettere in pausa l’“Avenger Junior” assume un valore che va oltre il singolo prodotto. Da un lato, perché parliamo di un veicolo pensato per presidiare un segmento strategico, dove il mix tra versioni termiche, ibride ed elettriche deve essere chirurgico. Dall’altro, perché riflette un trend che ha colpito vari impianti europei: i calendari produttivi vengono ridisegnati, i turni redistribuiti, i fornitori invitati a modulare le consegne. In gergo è “riprogrammazione”, ma nella sostanza significa che la catena del valore si adegua, gradino per gradino, alle oscillazioni di mercato.

Le ragioni? Un cocktail noto agli addetti ai lavori. La domanda di elettriche rallenta rispetto alle attese iniziali, complice l’incertezza sugli incentivi e le ansie da autonomia. I costi energetici, pur rientrati dai picchi più drammatici, restano volatili e impattano i conti degli stabilimenti. La pressione regolatoria, insieme all’evoluzione delle preferenze dei clienti, costringe a cambi di rotta repentini, mentre il credito caro frena gli acquisti rateali. In mezzo, la competizione internazionale si acuisce: tra sconti aggressivi, promozioni mirate e nuovi ingressi, anche un ritardo di poche settimane può cambiare gli equilibri di un trimestre.

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