Una nuova truffa sta mietendo tante vittime: non stampare la ricevuta del bancomat altrimenti ci caschi in pieno.
Viviamo circondati da insidie digitali e analogiche: ogni pagamento, login, telefonata o semplice scroll può trasformarsi nell’innesco di una truffa. I criminali sfruttano psicologia, urgenza e frammenti di dati per costruire attacchi su misura, spesso credibili, sempre veloci. Non esistono utenti “troppo prudenti”: basta un momento di distrazione per condividere un codice, cliccare un link, o fornire al telefono più informazioni del dovuto.

Proprio per questo, anche gesti routine come il prelievo al bancomat meritano un’attenzione diversa da ieri. Al termine dell’operazione allo sportello automatico compare la fatidica domanda: “Vuoi stampare la ricevuta?”. Molti premono “sì” per avere un promemoria di spesa, ma è proprio questo che ci espone ai maggiori rischi.
La truffa che ti svuota il conto: non stampare la ricevuta del bancomat
Quando stampiamo la ricevuta del bancomat dopo un prelievo, quello scontrino può contenere elementi che, finendo nelle mani sbagliate, diventano una miniera d’oro. In diversi Paesi europei sono stati segnalati episodi in cui malintenzionati recuperano le ricevute dimenticate o gettate nei cestini degli ATM, le studiano e le usano come grimaldello psicologico: con i dettagli di transazione, il numero di conto parziale, il saldo disponibile e altri dati identificativi riescono a spacciarsi per personale della banca, a chiamare i clienti parlando di “anomalie” o “accessi sospetti” e a farsi consegnare ulteriori informazioni, talvolta perfino credenziali o codici temporanei.

Da lì, l’accesso all’home banking diventa possibile e il conto può essere prosciugato. Per questo, autorità ed esperti consigliano di evitare la stampa se non è indispensabile. Dalle e-mail che imitano alla perfezione loghi istituzionali ai messaggi su WhatsApp che sembrano arrivare da un parente, passando per telefonate che sfruttano voci convincenti e numeri “mascherati”, il perimetro del rischio si è allargato.
Ci sono finte consegne, richieste di pagamenti microscopici, QR contraffatti appesi su parcometri, marketplace pieni di profili fasulli, assistenza clienti clonata sui social. L’obiettivo è sempre lo stesso: spingere la vittima a compiere un’azione immediata, senza riflettere. E più dettagli possiede il truffatore — anche solo un saldo approssimativo o l’orario di un prelievo — più credibile risulterà la messinscena, perché potrà cucire la storia addosso a chi ascolta.
Ci sono contromisure semplici che riducono il rischio: usare solo app ufficiali per controllare saldo e movimenti, attivare notifiche in tempo reale, aggiornare i dispositivi, proteggere le SIM con PIN e non condividere mai codici usa-e-getta o credenziali via telefono, chat o e-mail. In caso di contatto “proattivo”, chiudere e richiamare il numero ufficiale trovato sul sito dell’istituto.
Allo sportello, guardarsi intorno, non farsi distrarre, coprire il PIN e, soprattutto, evitare di lasciare tracce cartacee di operazioni e saldi: se proprio si stampa, conservare la ricevuta e distruggerla in modo che i dati non siano ricostruibili.