Nick Kyrgios si è reso protagonista di una nuova stoccata, ora il tennista australiano non ha davvero più freni. Diventa interessante scoprire tutto quello che sta accadendo.
C’è un nuovo scossone nel mondo del tennis e, come spesso accade, porta la firma di Nick Kyrgios. La notizia è arrivata a ondate, prima allusive e poi sempre più nette. Chi segue l’australiano sa che quando parla, qualcosa si muove: discussioni, smentite, applausi e fischi. Stavolta non fa eccezione. Il bersaglio? Tenetelo lì, ci arriviamo.

Prima vale la pena ricordare chi è Kyrgios quando mette piede (o voce) nel circuito. Classe 1995, talento difettoso e irresistibile, capace di battere Nadal a 19 anni a Wimbledon 2014 e di trascinare Djokovic in una finale fatta di nervi e classe, quella di Wimbledon 2022. Ha vinto gli Australian Open 2022 in doppio con Thanasi Kokkinakis, ha un best ranking di numero 13 ATP e una collezione di colpi d’autore che hanno ridefinito lo “show tennis”: servizi dal basso, tweener a ripetizione, cambi di ritmo improvvisi. È il giocatore che fa alzare la gente dal divano anche quando non è il suo tifo, e che divide come pochi altri.
Curiosità? Ce ne sono a fiumi. La sua relazione con il pubblico oscilla tra l’adorazione e il confronto acceso. In campo parla, si muove, protesta, si carica: spettacolo puro o eccesso, a seconda di chi guarda. Fuori, è diventato un punto di riferimento mediatico: podcast, ospitate TV, commenti a bruciapelo. Negli ultimi due anni gli infortuni (ginocchio, poi polso) lo hanno tenuto ai margini, ma non lo hanno messo in silenzio. Anzi: la sua voce è diventata più potente, più ascoltata, più polarizzante.
Kyrgios non si ferma e sarà a Melbourne. Poi la bordata su Murray
Arriviamo al cuore. Kyrgios ha chiarito che non si ritira. E ha assicurato che lo vedremo agli Australian Open: presenza che, negli ultimi tempi, ha assunto anche la forma del commento tecnico e dello sguardo da insider, quando il fisico non gli ha permesso di competere. Un messaggio di continuità, insomma, in un momento in cui ogni sua mossa fa notizia. La notizia è stata ripresa e corroborata da più testate, tra cui Adnkronos, alla quale l’australiano ha affiancato il consueto pacchetto di opinioni non filtrate.

È qui che scatta il “nuovo attacco”. Kyrgios ha puntato il dito su Andy Murray, una figura che nel circuito è quasi intoccabile per storia e resilienza. Il tono? Tagliente. Il senso? Che proseguire a tutti i costi ha un prezzo e che a un certo punto la storia può e deve essere raccontata senza retorica. Parole dure, di quelle che spaccano: l’idea che vedere Murray lottare senza risultati all’altezza del suo passato faccia più male che bene, che il rispetto si possa mostrare anche suggerendo di fermarsi. Nel suo stile, Kyrgios ha cercato di trasformare un tabù in tema pubblico. Si può non essere d’accordo, ma il messaggio è chiaro: “Basta diplomazia, parliamo della realtà”.
Nel mezzo, una nota che guarda a Melbourne: l’australiano ha indicato Jannik Sinner come riferimento inevitabile per gli equilibri del torneo, sottolineando quanto il suo tennis si sia fatto pesante e continuo sul cemento. Non un’iperbole, piuttosto la lettura di chi ha fiutato il cambio di gerarchie negli ultimi due anni. In parallelo, Kyrgios rivendica il proprio posto nel racconto del gioco: se il corpo gli concede una finestra, vuole rientrare; se non lo fa, il microfono resta un campo di battaglia.
Cosa resta dopo l’ennesima scossa? Una sensazione duplice. Da un lato, la figura del polemista che non arretra e che accetta il rischio di esporsi. Dall’altro, l’atleta che prova a ribadire che la sua carriera non è un capitolo chiuso. Nel tennis contemporaneo, dove la narrazione è sempre più contesa tra risultati e percezioni, Kyrgios continua a essere entrambi: un caso mediatico e un potenziale fattore tecnico. E, volenti o nolenti, il dialogo passa anche da qui: dal coraggio — o dall’azzardo — di dire ciò che molti pensano e pochi osano articolare.