Scatta un richiamo per un salame a causa del sospetto di contaminazione da Salmonella. Le autorità invitano i consumatori a non consumare il prodotto, a isolarlo e a restituirlo al punto vendita.
Ecco come riconoscere i sintomi, chi è più a rischio e le regole pratiche per ridurre i pericoli domestici. È stato disposto il richiamo di specifiche unità a causa del rischio di contaminazione da Salmonella. Il provvedimento, attivato in via precauzionale per tutelare la salute pubblica, invita i consumatori che avessero acquistato il salume interessato a non consumarlo in alcun caso.

Le indicazioni sono chiare: evitare l’assaggio, isolare il prodotto e riportarlo al punto vendita per il rimborso o la sostituzione, seguendo le istruzioni diffuse dall’operatore e dalle autorità sanitarie. In presenza di dubbi o di confezioni già aperte, è raccomandato contattare il negozio o l’ASL di riferimento per ricevere supporto.
Bambini piccoli e anziani, donne in gravidanza, persone immunodepresse o con patologie croniche, individui malnutriti o disidratati sono più esposti alle complicanze.
Salmonella, il salame richiamato e tutti i rischi
Il prodotto ritirato dal Ministero della Salute è il salame rovetano prodotto dall’azienda Regoli Ivano Snc per la possibile presenza di Salmonella spp. Viene venduto in pezzi da 500 grammi con numero lotto 27.25 del 12/08/2025 e termine di conservazione 12 maggio 2026.

La Salmonella è un batterio patogeno (principalmente Salmonella enterica) che può contaminare alimenti di origine animale come carni, uova, latte non pastorizzato e derivati, ma anche prodotti pronti al consumo se si verifica una contaminazione durante la lavorazione, il confezionamento o la manipolazione. La malattia associata, la salmonellosi, è una delle infezioni gastrointestinali più comuni.
Il batterio tollera bene l’ambiente umido e può persistere sulle superfici se non correttamente igienizzate. La cottura completa degli alimenti a temperature interne di almeno 70°C inattiva il patogeno. I salumi stagionati, pur essendo sottoposti a processi che ne riducono l’attività dell’acqua e l’acidità, non sono automaticamente esenti da rischio se la contaminazione avviene dopo la stagionatura o in condizioni non ottimali.
I sintomi tipici compaiono in genere tra 12 e 72 ore dal consumo dell’alimento contaminato: diarrea (talvolta con muco o sangue), crampi addominali, febbre, nausea, vomito, malessere generale. La durata è variabile, spesso 4-7 giorni. La maggior parte dei casi si risolve spontaneamente, ma la disidratazione può richiedere attenzione medica, in particolare nei soggetti fragili.
Occorre contattare il medico se si manifestano febbre alta persistente, sangue nelle feci, segni severi di disidratazione (sete intensa, urine scarse, vertigini), sintomi che non migliorano dopo 48 ore, o se a essere colpite sono persone a rischio.