Se ami il prosciutto ma non vuoi trasformare il panino di mezzogiorno in un boomerang per la salute, c’è un dettaglio scomodo che devi sapere: in commercio c’è una marca “campanello d’allarme”. Tra poco ti spiego perché, come riconoscerla e — sì — quale evitare.
Hai presente quel prosciutto in vaschetta che infili nel carrello “giusto per una cena veloce”? Ecco, potrebbe non essere l’amico che credi e portare dei rischi per la tua salute.

Il problema non è il prosciutto in sé, ma certe formulazioni da supermercato che nascondono un cocktail di ingredienti poco trasparenti e una lista di additivi che non vorresti sulla tua tavola. Quanti di noi leggono davvero l’etichetta prima di pagare? E se proprio dentro quella vaschetta si nascondesse il motivo di quella sete insaziabile dopo cena o del mal di stomaco che non colleghi mai al prosciutto?
Partiamo dai fatti: il prosciutto è un insaccato, quindi rientra nella categoria delle carni processate. Questo vuol dire che è spesso trattato con sale, zuccheri, additivi come i nitriti (E250) e talvolta nitrati (E252), e può contenere polifosfati e altri coadiuvanti tecnologici che migliorano resa e consistenza, ma non la qualità nutrizionale. Gli esperti di salute pubblica ricordano che il consumo eccessivo di carni processate è associato a rischi aumentati: l’OMS (IARC) ha classificato la carne lavorata come cancerogena (Gruppo 1) per l’uomo quando consumata regolarmente in quantità elevate, mentre l’EFSA ha sollevato preoccupazioni sul potenziale formarsi di nitrosammine a partire da nitriti e nitrati in certe condizioni. Non stiamo parlando di panico, ma di consapevolezza: leggere l’etichetta diventa la tua cintura di sicurezza.
Come si presenta, di solito, il problema? Così: prendi una vaschetta di prosciutto “conveniente”, leggi “cotto scelto” o “cotto” e ti rassicuri. Poi, tra le righe: acqua in quantità generosa, sale in cima alla lista, destrosio o altri zuccheri, aromi generici, E250 e magari polifosfati (E451, E452). Quello che ti aspetti come “carne e basta” diventa un prodotto rielaborato, più “ingegnerizzato” che artigianale. In famiglia ci siamo cascati anche noi: panini super soffici, vaschetta easy, eppure la sensazione di gonfiore e la sete notturna raccontavano un’altra storia. A confermarmi i sospetti è stata una nutrizionista che collabora con un laboratorio di analisi alimentari: “Se al primo posto trovi acqua e la lista additivi è lunga, sei più vicino a un ‘prodotto’ che a un prosciutto”.
La marca di prosciutto sotto accusa
È stata segnalata una specifica marca di prosciutto da evitare per ragioni legate a ingredienti, profilo nutrizionale e additivi. Per correttezza e trasparenza — e per non diffondere informazioni errate — è fondamentale attenersi esattamente a quanto riportato dalla fonte.

La testata identifica la marca del prosciutto e spiega i motivi per cui è considerata la “meno consigliabile”, con riferimenti a elementi come la presenza di nitriti/nitrati, tenore di sale superiore alla media, additivi aggiuntivi e talvolta ingredienti non essenziali che diluiscono la qualità della materia prima. Controlla la fonte e prendi nota precisa del nome commerciale e del produttore: è su quella base che ti suggerisco di calibrare le tue scelte di acquisto.
In pratica, cosa devi guardare sulla confezione, al di là della marca specifica? La lista ingredienti più corta possibile, dove spicchino “carne suina, sale” e poco altro. Un’indicazione come “senza nitriti e nitrati aggiunti” è un plus, pur sapendo che non è una bacchetta magica. Occhio anche al valore di sale per 100 g: alcuni prodotti superano quote che, sommate al resto della giornata, fanno salire l’ago della bilancia del sodio. Se leggi polifosfati, stai scegliendo un prosciutto con resa tecnologica più “assistita”. E se l’“acqua” è molto presente, aspettati una consistenza bagnata e un sapore meno “carne” e più “brodo”.