Paghi più IMU del dovuto senza saperlo? Un dettaglio della tua rendita catastale può gonfiare la tassa di centinaia di euro l’anno.
Stai letteralmente regalando soldi al Comune. Suona duro, ma è così: basta un numero di vano in più, una categoria catastale sbagliata o un dato trascritto male nella visura catastale per farti pagare anche 300 € di IMU in più ogni anno.

Ti è mai capitato di guardare la cifra e pensare: “Ma com’è possibile che sia così alta?” Se l’hai pensato, ecco come riconoscere il problema, perché non puoi rimandare e cosa fare per sistemarlo in fretta.
L’errore nelle rendite catastali che ti fa pagare più IMU
L’IMU si calcola partendo dalla rendita catastale rivalutata del 5% e moltiplicata per un coefficiente (ad esempio 160 per le abitazioni ordinarie A/2-A/3-A/4-A/5-A/6-A/7), su cui il Comune applica la sua aliquota. Se la rendita è anche solo un po’ più alta del dovuto per colpa di un errore, la base imponibile si impenna e il conto finale pure.

Come si presenta questo problema nella vita vera? Ti colleghi al sito dell’Agenzia delle Entrate e scarichi la tua visura catastale: trovi categoria, classe, consistenza, rendita. E lì scopri l’intoppo. A volte è una categoria “di pregio” assegnata per errore, altre volte sono vani in più che non esistono, o un intestatario scritto in modo errato che ha trascinato incongruenze nel tempo.
La bella notizia è che il controllo si fa da casa in pochi minuti. Con SPID, CIE o CNS entri nei servizi online dell’Agenzia delle Entrate e scarichi la tua visura catastale gratuita. Verifica che la categoria, la consistenza (vani, metri), la rendita catastale e i dati anagrafici coincidano con la realtà e con gli atti in tuo possesso. Se qualcosa non torna, per gli errori “amministrativi” (nome, codice fiscale, indirizzo, consistenza trascritta male) puoi presentare un’istanza di correzione direttamente online, passando dal Contact Center dell’Agenzia o recandoti all’Ufficio Provinciale – Territorio.
Serve allegare documenti probatori, per esempio l’atto notarile, la planimetria, eventuali certificati: più sei preciso, più la rettifica fila liscia. Se invece la stortura è “tecnica” (categoria inadeguata all’effettivo uso, variazioni mai registrate, errori nella planimetria), ti servirà un professionista abilitato, come un geometra o un architetto. Sarà lui a predisporre le pratiche tecniche necessarie per aggiornare i dati catastali, perché qui non basta una correzione di battitura: va rideterminata la rendita con criteri tecnici.
È normale e, quando l’errore c’è, ripaga: la nuova rendita corretta rimette in riga anche l’IMU. Poi arriva la parte che tutti amiamo: recuperare i soldi. Se la rettifica fa scendere la rendita e quindi la base imponibile, hai diritto al rimborso dell’IMU pagata in eccesso. La Corte di Cassazione (ordinanza n. 18637/2022) ha riconosciuto l’efficacia retroattiva di queste rettifiche quando l’errore è accertato in via amministrativa o giudiziale: significa che il rimborso può estendersi anche oltre i “soliti” cinque anni, per tutte le annualità in cui hai versato più del dovuto.
Attenzione però al rovescio della medaglia: se l’errore nasce da una tua omissione (per esempio non hai comunicato una variazione dopo lavori), la nuova rendita vale dalla data in cui la comunichi e non indietro nel tempo. Tradotto: muoviti adesso. Dopo la rettifica, chiedi il rimborso al tuo Comune: ogni Comune ha il suo modulo per i rimborsi IMU, ma la sostanza è la stessa ovunque. Allega il provvedimento di rettifica dell’Agenzia delle Entrate, le ricevute dei pagamenti e un riepilogo del ricalcolo. Alcuni Comuni liquidano in tempi rapidi, altri impiegano qualche mese: l’importante è presentare una pratica completa e tracciabile. Se temi di perderti un passaggio, un CAF o un professionista può gestire il fascicolo per te, soprattutto quando si tratta di più anni.





