A Verissimo, Romina Power riapre cassetti di vita, tra famiglia, palco e silenzi, e racconta cosa resta dell’amore quando le forme cambiano.
Arriva in studio con passo lento, sorridente. Presenta il suo nuovo libro, “Pensieri profondamente semplici”. L’uscita è recente; l’editore non è stato indicato in trasmissione, quindi non lo citiamo. L’intento è chiaro: condividere appunti di vita, riflessioni brevi, piccole bussole quotidiane. Niente pose, niente retorica.

A domanda, Romina Power sceglie la concretezza. Parla di famiglia. Evoca Jolanda, la madre di Al Bano, scomparsa nel 2019, con rispetto e gratitudine: “Una donna d’altri tempi, forte, senza fronzoli”. Il legame con Cellino San Marco riaffiora come luogo e simbolo: ulivi, lavoro, misura. Racconta qualche scena semplice. Una tavola apparecchiata. Un consiglio dato sottovoce. La tenacia come educazione sentimentale.
Romina va per flash, non per slogan. Fa spazio ai ricordi di ragazza. I set cinematografici, le prime canzoni, la timidezza che al microfono diventava coraggio. La tv di allora, più lenta. Il pubblico fedele, spesso di famiglia. I successi arrivano come coordinate verificabili: “Sanremo 1984 con ‘Ci sarà’” (albo d’oro RAI), “Felicità” seconda al Festival nel 1982, due presenze all’Eurovision (1976 e 1985, archivio ESC). Dati, sì, ma qui sono materia viva. Perché dalle canzoni tornano stanze, volti, odori.
Un amore che cambia forma: cosa ha raccontato Romina Power a Verissimo
Solo a metà conversazione entra il cuore del tema. L’amore. Non quello inflazionato delle cronache, ma un sentimento che si sposta e resiste. La frase circola già sui siti e trova conferma in studio: «Amo ancora Al Bano, io non smetto mai di amare». Parole nette. Non sono un ripescaggio nostalgico. Sono un perimetro etico. L’amore, per lei, non è un contratto. È una pratica. Cambia statuto. Diventa cura, memoria attiva, gratitudine.
Si capisce anche dal tono. Romina non cerca titoli facili. Non rilancia pettegolezzi. Ricorda la loro coppia artistica come un laboratorio di lavoro vero. Date precise, dischi, tournée. E una storia personale che ha avuto luci e buio. L’assenza di Ylenia resta zona protetta: nessuna speculazione, nessun dettaglio non verificabile. È una scelta di rispetto.

C’è spazio pure per la disobbedienza gentile. Romina rivendica il diritto alla leggerezza. Alla bellezza come disciplina. Alla spiritualità laica delle piccole cose. Qui il libro trova il suo centro: micro-racconti, fotografie private, pensieri brevi. Non manifesti. Tracce.
Chi guarda l’intervista può uscirne con due certezze verificabili e una domanda. Le certezze: la musica italiana porta ancora il segno di quella stagione (lo dicono i cataloghi e i numeri di ascolto che reggono sulle piattaforme), e la memoria non è un museo, è un mestiere quotidiano. La domanda, invece, resta aperta: che forma diamo oggi all’amore quando smette di coincidere con il possesso? Forse è proprio lì, in quella piega, che si misura la maturità di una vita. E chissà se, tra un ulivo e una pagina sottolineata, non ci sia ancora una melodia che aspetta di essere cantata. Fonti utili: Albo d’oro del Festival di Sanremo (RAI), archivio ufficiale Eurovision Song Contest, rassegna stampa Mediaset su Verissimo.





