Se il contratto di lavoro era irregolare, la disoccupazione va restituita? I lavoratori tremano

Molti lavoratori potrebbero chiedersi se siano tenuti a restituire la disoccupazione in caso di contratto di lavoro irregolare. Ecco la verità.

Molti lavoratori potrebbero essere spaventati da una questione molto spinosa e avere un dubbio enorme: la disoccupazione va restituita nel caso in cui il contratto di lavoro fosse irregolare? La verità è diversa da quella che si crede.

donna che viene assunta
Se il contratto di lavoro era irregolare, la disoccupazione va restituita? I lavoratori tremano – uspms.it

Infatti la nuova linea delle Sezioni Unite cambia tutto e tocca tasche e serenità. Ecco cosa sapere per risolvere finalmente questo enigma che attanaglia molti lavoratori.

La disoccupazione va restituita nel caso di contratto di lavoro irregolare?

Diciamolo chiaro: il solo pensiero di ricevere una lettera Inps che chiede indietro la NASpI fa gelare il sangue. Hai lavorato a singhiozzo, poi sei rimasto senza impiego, hai vissuto di quel sostegno e ora qualcuno ti dice che “in realtà non eri disoccupato”. Sembra uno scherzo, vero?

persone sedute e una con foglio e penna
La disoccupazione va restituita nel caso di contratto di lavoro irregolare? – uspms.it

Eppure è il rompicapo che ha tormentato migliaia di lavoratori a termine, specie quando, mesi dopo, un giudice ha dichiarato il contratto irregolare e lo ha convertito in un tempo indeterminato ex tunc. Qui arriva la domanda che scotta: se “giuridicamente” il rapporto non si è mai interrotto, la disoccupazione va restituita? E, ancora: cosa rischi se non ti muovi subito?

Il problema è concreto e riconoscibilissimo. Finisce il contratto, resti senza stipendio, presenti domanda di indennità di disoccupazione (NASpI) e la ottieni. Passa del tempo, fai causa per l’illegittimità del termine, vinci e il giudice dichiara la nullità del termine con conseguente conversione. L’Inps, per anni, ha ragionato così: se il lavoro “continua” per finzione giuridica, non c’è mai stata vera disoccupazione, quindi i soldi si restituiscono.

Ma nella tua vita reale, in quel periodo, non hai lavorato, non ti hanno pagato, non ti hanno versato contributi. È proprio qui che tanti hanno visto crollare certezze, tra ricorsi e richieste di rimborso. Gli esperti di diritto del lavoro lo spiegano in modo semplice: coesistono due piani diversi. Da un lato c’è la tutela previdenziale che scatta quando perdi il reddito e hai bisogno di sostegno; dall’altro c’è la tutela risarcitoria che punisce l’abuso del contratto a termine e tutela la stabilità del rapporto.

In mezzo ci sei tu, con bollette da pagare e il terrore di dover tirare fuori migliaia di euro. Se ignori il problema, rischi che la richiesta di restituzione diventi un recupero coattivo, con trattenute e more che si mangiano i tuoi prossimi ratei o crediti. E non è solo una questione di soldi: c’è di mezzo la tua posizione contributiva, la contribuzione figurativa accreditata con la NASpI e la paura di vederti contestare un “doppio” accredito. Spoiler: non accade, e la ragione adesso è scolpita in una sentenza che fa scuola.

Arriviamo al punto. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 23876/2025 (26 agosto 2025) hanno chiuso il dibattito: se il contratto a termine è nullo e il rapporto viene convertito a tempo indeterminato fin dall’origine, l’indennità di disoccupazione non va restituita. La Corte mette in fila i concetti chiave. Primo: la NASpI ha funzione di sicurezza sociale, serve a coprire la perdita involontaria di reddito.

Secondo: l’indennità risarcitoria prevista dall’articolo 32 della legge 183/2010 non è una retribuzione arretrata ma un ristoro forfettario per l’abuso del termine. Terzo: durante il periodo “intermedio” tra la scadenza del contratto e la sentenza, il rapporto era solo “formale” per ragioni giuridiche, ma nella realtà tu eri senza stipendio e senza contributi. Tradotto: la condizione di bisogno c’era eccome, e la prestazione previdenziale era ed è pienamente legittima.

persone sedute a scrivania
La sentenza della Cassazione: la disoccupazione va restituita in caso di contratto irregolare? – uspms.it

E il timore della doppia contribuzione? Anche qui, sereno. La Cassazione spiega che non c’è alcun cumulo illegittimo: quando, a seguito della sentenza, il datore versa i contributi obbligatori per quel periodo, i corrispondenti contributi “figurativi” già accreditati con la NASpI vengono semplicemente annullati. Il sistema si riallinea senza che tu perda tutela e senza che l’Inps paghi due volte per lo stesso lasso temporale.

C’è poi un passaggio di valore quasi “costituzionale”. La Corte richiama il programma della Costituzione: garantire libertà dal bisogno. La NASpI è la rete che ti prende al volo nel momento in cui il reddito salta, prima e indipendentemente dall’esito di una causa che può durare anni. Chiederti indietro quei soldi significherebbe bucare la rete nel punto più delicato. E questo, dicono i giudici, non è ammissibile.

Ora, veniamo al “come si risolve” per davvero, perché la teoria è bellissima ma tu potresti avere una lettera Inps già sul tavolo. Se ti arriva una richiesta di restituzione della NASpI per un periodo poi “coperto” da una sentenza di conversione del rapporto, non restare fermo. La sentenza delle Sezioni Unite è un faro: allega copia del provvedimento al tuo fascicolo Inps, presenta subito un’istanza in autotutela richiamando espressamente la n. 23876/2025 e domandando lo sgravio dell’indebito.

Se la richiesta è contenuta in un provvedimento con termini, rispetta con attenzione le scadenze indicate; se necessario, attiva il ricorso amministrativo previsto dall’Inps e, in ulteriore via, il giudizio ordinario con l’assistenza di un patronato o di un avvocato giuslavorista. Ricorda che sul sito inps.it trovi le istruzioni ufficiali sulla NASpI e sul recupero degli indebiti, e che la giurisprudenza di legittimità ora ti mette uno scudo autorevole.

Se invece non hai ancora agito contro il termine illegittimo, valuta con un professionista se ci sono i presupposti per il giudizio di conversione e per l’indennità risarcitoria ex art. 32, L. 183/2010. È la strada che ha permesso a tanti lavoratori, come nel caso del dipendente della stazione termale umbra arrivato fino in Cassazione, di rimettere in ordine la propria storia lavorativa, recuperando stabilità e contributi senza perdere il sostegno che li ha tenuti a galla nei mesi più duri.

Un’ultima accortezza operativa: controlla l’allineamento dei contributi dopo la sentenza. Se il datore versa retroattivamente, verifica che l’Inps abbia correttamente “spento” i figurativi in sovrapposizione. È un passaggio tecnico, ma decisivo per la tua posizione assicurativa e per il futuro diritto a pensione. E se noti discrepanze, segnala tutto per iscritto tramite cassetto previdenziale o PEC, allegando documenti e riferimenti di sentenza.

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