I tifosi di Sinner di nuovo in pena per il campione “Sinner squalificato”: cosa gli è successo.
Il “no” di Jannik Sinner alla Nazionale ha riacceso una miccia che nell’ultimo anno sembrava essersi spenta e che invece torna oggi a bruciare tra tifo, opinione pubblica e addetti ai lavori. La decisione dell’altoatesino di non rispondere alla convocazione per le Davis Cup Finals, rinunciando alla sfida degli azzurri che puntano a proseguire una striscia vincente, è stata motivata con ragioni fisiche e di pianificazione: proteggere il corpo, gestire i carichi, guadagnare un’off-season più lunga in vista della prossima annata.

Ma il significato simbolico di un “no” alla maglia azzurra, per quanto circoscritto a un preciso momento del calendario e della carriera, ha spalancato la porta a critiche severe. Infatti tanti sportivi importanti, tennisti ma non solo, hanno iniziato a criticare la decisione di Sinner. Un annuncio in particolare ha gelato di nuovo i tifosi del campione altoatesino.
Le critiche a Sinner: “Squalificato”
Tra le voci più nette quelle di Andrea Lo Cicero, bandiera del rugby italiano con 103 caps e un’idea chiara di cosa significhi il patto di rappresentanza tra atleta e Paese. Le sue parole, rilasciate ai microfoni di Radio1 Sport Rai, hanno creato un’onda immediata: “È un no alla propria Nazionale: nel rugby verrebbe squalificato”. Una linea dura che si allinea a quella già espressa da chi, come Nicola Pietrangeli, ha rivendicato il valore quasi sacrale della convocazione.

“Penso che sia una questione di rispetto nei confronti del Paese. È vero che Sinner ha giocato tanto, è vero che i tornei sono molto lunghi e quindi ha bisogno di riposo, nessuno lo mette in dubbio, però poteva gestire in maniera diversa la cosa”, ha detto Lo Cicero. Il suo è un richiamo alla responsabilità collettiva: “Tutti gli sport di squadra sono composti da singoli, che contribuiscono alla composizione del gruppo e la stessa cosa vale anche per il tennis, in Davis si lavora di squadra. Mi dispiace perché in questo contesto lui sta lasciando la sua squadra”.
In chiusura, l’ex pilone azzurro ha lanciato un appello: “Mi auguro che Sinner possa rivedere la sua posizione e possa rappresentare l’Italia senza ulteriori problemi. Lo farei ragionare, gli farei capire quanto è importante che lui partecipi agli impegni in maglia azzurra. Probabilmente deve essere anche incoraggiato”. Non c’è spazio, in questa visione, per distinguo legati al calendario o alle esigenze della carriera individuale. C’è la squadra, c’è la bandiera, c’è il dovere di esserci.
L’osservazione che “nel rugby verrebbe squalificato” va letta nel perimetro culturale della palla ovale, dove il codice non scritto dell’appartenenza è quasi assoluto. Il tennis, però, ha regole diverse: i rapporti tra calendario ATP, tornei obbligatori e finestre delle competizioni a squadre generano sovrapposizioni e scelte difficili. La Davis resta un baluardo di identità, ma si scontra con una stagione che si allunga, con punteggi che condizionano programmazione e sponsor, e con un fisico che, per reggere, impone pause chirurgiche.
Sul fronte tecnico, il finale di stagione di Sinner racconta la necessità di preservare gli asset chiave del suo gioco: l’intensità in spinta di diritto e rovescio, la rapidità di piedi nelle aperture, l’esplosività al servizio. L’altoatesino arriva da un finale di stagione impegnativo, in cui ogni settimana pesa doppio: superfici che cambiano, viaggi intercontinentali, richieste fisiche e mentali con margini minimi per recuperare. La priorità dichiarata è costruire le basi per restare all’élite anche l’anno prossimo, evitando il logoramento che troppo spesso ha presentato il conto nei momenti cruciali.





