Aumento pensione di invalidità da gennaio 2026 ma non per tutti: i nuovi importi

Da gennaio 2026 scatta un ritocco sugli assegni più bassi: le pensioni di invalidità e le minime potrebbero crescere, ma l’aumento non sarà universale. Ecco i nuovi importi e per chi ci saranno gli aumenti.

Parliamoci chiaro: se vivi con meno di 600 euro al mese, ogni moneta è strategia. Ti hanno detto che da gennaio arriva un aumento sulla pensione di invalidità? Bene. Ma ti riguarda davvero o rientri tra gli esclusi? E quanto cambia, nella pratica, sul tuo cedolino?

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Aumento pensione di invalidità da gennaio 2026 ma non per tutti: i nuovi importi – uspms.it

Tra nuovi importi, erogazione automatica e sorprendenti esclusioni, capiamo chi incassa davvero e perché conviene organizzarsi in anticipo.

Gli aumenti nella pensione di invalidità

Secondo la bozza della legge di bilancio 2026 attualmente all’esame del Parlamento: nell’articolo 41 viene prevista una maggiorazione fissa di 20 euro al mese (260 euro l’anno) per assegni bassi. È un potenziamento rispetto al 2025, quando il ritocco era di 8 euro. Attenzione alla distinzione che conta: questa maggiorazione è un intervento straordinario aggiuntivo, distinto dalla rivalutazione di inizio 2026 legata all’inflazione, che l’INPS applica come ogni anno in automatico.

Quindi, due binari: l’indicizzazione dei prezzi da una parte, il mini-boost fisso dall’altra. La novità, se confermata, parte dal 1° gennaio 2026 e arriva come maggiorazione sociale, quindi agganciata ai limiti di reddito previsti per le prestazioni più basse. L’INPS la erogherà in automatico, senza domanda, a chi già rientra nelle integrazioni collegate al reddito. La platea include chi percepisce pensioni minime, assegno sociale, reversibilità con maggiorazione sociale e gli invalidi civili totali (100%) già titolari dell’incremento al milione.

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Gli aumenti nella pensione di invalidità – uspms.it

E qui sta la parte meno piacevole: restano fuori gli invalidi parziali, almeno nella formulazione attuale. Il messaggio, crudo ma onesto, è che non tutti vedranno quei 20 euro in più. Le conseguenze dell’incertezza non sono piccole. Se non chiarisci subito dove ti posizioni, rischi di pianificare male spese e scadenze, magari contando su un aumento che non arriva o sottovalutando il peso della bolletta di gennaio. C’è di più: la maggiorazione sociale è legata a soglie di reddito; se durante l’anno superi i limiti (magari per un lavoretto, una tredicesima più piena o una rendita non considerata), potresti ricevere conguagli o richieste di restituzione.

E se ignori le comunicazioni INPS sul modello RED — la dichiarazione reddituale che l’istituto usa per verificare i requisiti — puoi arrivare alla sospensione delle prestazioni collegate al reddito. Un altro rischio concreto è cascare in servizi a pagamento che promettono di “sbloccare l’aumento”: diffida, perché qui l’erogazione è automatica, non serve alcuna domanda.

Come se non bastasse, nello stesso pacchetto di misure la flessibilità in uscita si restringe: Quota 103 e Opzione Donna non vengono prorogate secondo la bozza, mentre l’APE Sociale resta per tutto il 2026. Dal 2027 è prevista una revisione dei requisiti con età minima adeguata alla speranza di vita, con esenzioni per lavori gravosi o usuranti. Tradotto: se stai valutando quando andare in pensione, il tempo per decidere bene è adesso, perché il sentiero si fa più stretto.

Dunque il mini-aumento è pensato per chi già oggi riceve un’integrazione legata al reddito: pensioni minime, assegno sociale, reversibilità con maggiorazione sociale e invalidi civili totali al 100% con incremento al milione. Se ti rivedi in una di queste casistiche, da gennaio dovresti vedere sul cedolino una voce di maggiorazione più alta di 20 euro rispetto al 2025, oltre alla rivalutazione per l’inflazione. Se invece hai una invalidità parziale, ad oggi non rientri nell’aumento: una lacuna sottolineata anche dai patronati, che sperano in correttivi durante l’iter parlamentare, ma che — lo dico chiaro — non è garantito.

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