Eredità: in questo caso soldi allo Stato e non ai parenti senza testamento

In questo caso i soldi dell’eredità vanno direttamente allo Stato e non ai parenti senza nemmeno il testamento. Scopriamo perché accade questa cosa.

Accade più spesso di quanto si creda che alla morte di una persona priva di testamento il suo patrimonio non finisca ai parenti, nemmeno a quelli più vicini, ma direttamente allo Stato. Una prospettiva che spiazza, soprattutto laddove la famiglia esista e si attenda di subentrare nei rapporti del defunto.

ragazzi e una ragazza
Eredità: in questo caso soldi allo Stato e non ai parenti senza testamento (Uspms.it)

In alcuni dossier che arrivano agli sportelli di patronati e studi legali, la sequenza è sempre la stessa: conti correnti congelati, immobili che non possono essere trasferiti, ed esiti inaspettati che aprono domande e alimentano fraintendimenti. Per qualcuno è un “automatismo”, per altri un tecnicismo che sfugge ai più. In realtà, siamo di fronte a un meccanismo previsto e delimitato dalle norme, che si attiva solo in circostanze molto specifiche.

Per il lettore che si chiede se davvero lo Stato possa diventare erede al posto dei congiunti, la risposta è sì: in talune circostanze il patrimonio passa allo Stato e non ai parenti. Non è un’eccezione folcloristica né un capriccio burocratico: si tratta di una scelta precisa del legislatore, figlia dell’esigenza di dare comunque una destinazione ai beni quando la “catena” familiare non consente l’individuazione o l’intervento di chi, in teoria, sarebbe chiamato a subentrare. Per quale ragione concreta accade e come si accerta che non vi siano eredi familiari? La spiegazione è più articolata di quanto sembri e non coincide con l’idea, assai diffusa, che allo Stato basti l’assenza dei parenti più immediati per subentrare di diritto.

Quando l’eredità finisce allo Stato

Contrariamente al luogo comune, lo Stato non subentra “per default” se i parenti più prossimi non si presentano. La devoluzione allo Stato rappresenta l’estrema ratio dell’ordinamento: scatta soltanto quando non esistono altri soggetti legittimati a succedere. Lo dice l’articolo 586 del Codice Civile, richiamato e confermato in più occasioni dalla giurisprudenza, tra cui pronunce come il Tribunale di Trento (sentenza n. 1068 del 27 novembre 2024) e il TAR Piemonte – Torino (n. 639 del 2020).

mano mette timbro su fogli
Quando l’eredità finisce allo Stato (Uspms.it)

Prima che lo Stato possa entrare in scena, la legge impone di perlustrare l’intero ordine dei successibili, che si estende fino al sesto grado di parentela (art. 565 Codice Civile). Ciò significa che l’assenza, la rinuncia o l’inerzia dei fratelli non bastano da sole a far scattare il passaggio: occorre verificare l’eventuale esistenza di cugini, prozii, pronipoti di zii, e così via, fino al limite fissato dalla norma. Solo se nessuno tra questi parenti risulta chiamato, oppure se chiamato non accetta, allora l’eredità diventa patrimonio dello Stato.

Un tassello decisivo riguarda i tempi. Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni, ma questa scadenza non è rilevata d’ufficio dal giudice: dev’essere eccepita da chi vi abbia un interesse concreto. Lo hanno ricordato, tra gli altri, il Tribunale di Alessandria (sentenza n. 63 del 18 gennaio 2024) e ancora il Tribunale di Trento (sentenza n. 1068 del 27 novembre 2024). In pratica, se nessuno solleva l’eccezione di prescrizione, un chiamato all’eredità potrebbe, almeno in linea teorica, accettare anche oltre il decennio, a condizione che nel frattempo non sia già subentrato un altro erede. Questo dettaglio spiega perché alcune successioni restano “sospese” a lungo: il tempo, da solo, non chiude il dossier se non c’è qualcuno che faccia valere la scadenza.

C’è poi il tema delle rinunce. Se i chiamati più vicini rinunciano, la chiamata “scivola” sui gradi successivi. Anche qui, la verifica non si ferma ai parenti stretti: deve proseguire lungo la linea collaterale finché la legge consente di individuare un possibile erede. Solo quando la catena si interrompe, o nessuno accetta, si realizza la condizione per la devoluzione allo Stato. È una soluzione di chiusura del sistema: evita che patrimoni senza destinatari restino senza gestione, garantendo la certezza dei rapporti giuridici.

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