Per chi aspetta la pensione e matura i requisiti nel 2027/2028 cambia tutto, in arriva una brutta sorpresa per gli italiani. Andiamo a vedere cosa è accaduto.
Per i lavoratori che contavano di andare in pensione nel biennio 2027-2028 si profila una brutta sorpresa. Il calendario delle uscite, rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi anni, è destinato a subire una svolta che toccherà proprio chi matura i requisiti in quel periodo.

“Cambia tutto”: la formula può sembrare abusata, ma stavolta rende l’idea dell’effetto combinato di meccanismi automatici che torneranno a operare e di parametri che verranno aggiornati con ricadute immediate sia sul momento di accesso alla pensione sia sugli importi. Eppure, fino a pochi mesi fa, molti contavano su una sostanziale continuità delle regole.
La sorpresa non nasce da un intervento improvviso, bensì dall’applicazione di norme già scritte, che riprendono vigore dopo anni di tregua. Il punto è che chi taglia il traguardo proprio nel 2027 o nel 2028 potrebbe scoprire di dover fare i conti con requisiti diversi da quelli messi in preventivo: una distanza un po’ più lunga da percorrere e, per alcuni, un assegno meno generoso del previsto. La combinazione tra l’adeguamento all’aspettativa di vita e l’aggiornamento dei fattori che trasformano i contributi in pensione è il cuore della novità, e rischia di cogliere in contropiede chi è a ridosso dell’uscita.
Tra piani pensionistici personali, simulazioni fatte negli anni scorsi e misure sperimentali che hanno catalizzato l’attenzione, molti hanno guardato al 2027-2028 come a un orizzonte “neutro”. Invece, proprio quel biennio si annuncia come uno spartiacque. A farne le spese potrebbero essere i lavoratori con carriere più discontinue o basse retribuzioni, ma anche chi ha camminato spedito verso i requisiti ordinari e si scoprirà improvvisamente con qualche mese in più da attendere o con un tasso di sostituzione più magro. E non si tratta soltanto di sfumature: per certe platee la differenza può valere un anno in più di lavoro oppure un assegno sensibilmente più basso di quello atteso.
Ecco qual è la sorpresa: pensione più lontana dal 2027 e assegni più leggeri entro il 2030
Secondo le ricostruzioni di settore, dal 2027 riprenderà l’adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita. Tradotto: l’età per la pensione di vecchiaia, ferma da anni a 67, è attesa salire di alcuni mesi, e scatti analoghi potrebbero riflettersi su altri canali di uscita. Chi compie l’età nel 2027-2028 potrebbe quindi dover attendere più a lungo rispetto a quanto calcolato oggi.
Anche i requisiti contributivi delle uscite anticipate, rimasti congelati, torneranno a essere esposti all’aggiornamento: chi pensava di centrare il traguardo “al fotofinish” potrebbe ritrovarsi costretto ad aggiungere mesi di versamenti. In concreto, per molti lavoratori la pensione sarà “più lontana dal 2027”, con differimenti che variano in base al canale e al momento in cui i requisiti vengono raggiunti.

Ma non è tutto. La sorpresa ha un secondo volto: gli importi. Gli assegni futuri dipendono anche dai cosiddetti coefficienti di trasformazione, aggiornati periodicamente in funzione dell’aspettativa di vita. Quando i coefficienti scendono, a parità di contributi versati si ottiene una pensione più bassa. Questo trend è destinato a proseguire nei prossimi anni e gli effetti si sentiranno pienamente nel decennio in arrivo.
In particolare, le analisi e gli allarmi provenienti dal mondo sindacale segnalano che entro il 2030 ampie fasce di lavoratori potrebbero ritrovarsi con un tasso di sostituzione vicino o inferiore al 50% dell’ultima retribuzione: assegni dimezzati, dunque, rispetto alle aspettative consolidate in passato. A essere maggiormente esposti sono i profili con carriere discontinue, periodi di part-time involontario, bassi salari e alti salti di contribuzione: settori come commercio, turismo e servizi—quelli rappresentati, tra gli altri, dalla Filcams—sono particolarmente vulnerabili a questa dinamica.
C’è poi l’effetto soglia per i cosiddetti “contributivi puri” (chi ha iniziato a versare dopo il 1995): l’accesso alla vecchiaia a 67 anni è subordinato al raggiungimento di un importo minimo rispetto all’assegno sociale. Se, complice il calo dei coefficienti e retribuzioni modeste, quella soglia non viene superata, l’uscita si sposta più avanti, verso i 71 anni previsti per la vecchiaia contributiva con anzianità ridotta. È un passaggio spesso sottovalutato, che nel biennio 2027-2028 potrebbe trasformarsi in un vero ostacolo per chi era convinto di avere il percorso già tracciato.





